In questo articolo tratteremo:

La doppia imposizione nella normativa domestica

Il testo unico sulle imposte sui redditi (TUIR) prevede la possibilità di alleviare o eliminare la doppia tassazione, anche indipendentemente dall’applicabilità di un trattato internazionale contro le doppie imposizioni.

In particolare, la norma interna prevede che se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione (art. 165, co. 1, TUIR). 

Tale metodo viene chiamato credito di imposta ordinario (o limitato) e consiste nello scomputo delle imposte estere nei limiti dell’imposta applicabile in Italia sul reddito estero.

Cos’è la doppia imposizione 

Quando parliamo di doppia imposizione, generalmente ci riferiamo alla c.d. doppia imposizione giuridica internazionale, ossia al caso in cui il medesimo reddito o patrimonio è tassato nelle mani del medesimo soggetto passivo di più di uno Stato.

Questa deve essere distinta dalla c.d. doppia imposizione economica, ossia il caso in cui diversi soggetti di imposta sono tassati con riferimento al medesimo reddito o patrimonio (è il caso, ad esempio, del reddito di impresa tassato in capo alla società e al dividendo tassato in capo al socio).

Quando si verifica la doppia imposizione?

La doppia imposizione giuridica internazionale può verificarsi in tre casi:

  1. Quando due Stati assoggettano a tassazione la medesima persona sul reddito (o patrimonio) globale, come nei casi di doppia residenza (concurrent full liability to tax); 
  2. Quanto una persona è residente di uno Stato (R) e deriva redditi, o possiede patrimonio, in un altro Stato (S) ed entrambi gli Stati assoggettano a tassazione tale reddito o patrimonio;
  3. Quanto due Stati assoggettano a tassazione la medesima persona – non residente in alcuno dei predetti Stati – sul reddito prodotto o il patrimonio posseduto nel proprio Stato; questo è il caso, ad esempio, nel quale un soggetto non-residente ha una stabile organizzazione in uno Stato (E) attraverso la quale deriva redditi, o possiede patrimonio, in un altro Stato (S) (concurrent limited tax liability).

I casi di cui al punto a) si verificano principalmente quando un soggetto è considerato contemporaneamente residente in più Stati (c.d. doppia residenza); questi conflitti possono essere risolti dall’applicazione di un trattato contro le doppie imposizioni, il quale prevede dei criteri per stabilire univocamente in quale Stato è residente il soggetto di imposta (Art. 4, del modello OCSE).

I casi di cui al punto b) possono essere risolti dall’applicazione di un trattato contro le doppie imposizioni, il quale alloca i diritti di tassazione fra i due Stati contraenti.

Questa allocazione può avvenire attraverso la rinuncia del diritto di tassare da parte dello Stato della fonte (S) o della stabile organizzazione (E), dalla rinuncia da parte dello Stato di residenza (R), oppure dalla condivisione fra i due Stati del diritto di tassare. La maggior parte degli articoli di un trattato contro le doppie imposizioni riguarda proprio l’allocazione dei diritti di tassazione di varie tipologie di redditi (reddito di impresa, redditi immobiliari, redditi da capitale, reddito di lavoro dipendente, reddito di lavoro autonomo, ecc.).

Quando lo Stato della fonte (S) può tassare un reddito, lo Stato di residenza (R) mantiene tale diritto, ma ha l’obbligo di alleviare la doppia imposizione tramite esenzione o credito di imposta. 

Unicamente nei casi in cui il trattato preveda che un reddito sia tassabile “solo” nello Stato della fonte (S), lo Stato di residenza (R) non può tassare tale reddito; negli altri casi lo stato di residenza fiscale può sempre tassare, ma deve concedere un credito (o un’esenzione) per le imposte pagate all’estero.

I casi di cui al punto c), invece, non sono risolvibili da un trattato bilaterale contro le doppie imposizioni, poiché tali trattati si applicano solo alle persone che sono residenti di uno o entrambi gli Stati contraenti. Questi casi di doppia imposizione possono però essere risolti tramite le c.d. procedure amichevoli (mutual agreement procedure) previste dai trattati (Commentario OCSE 2017, Art. 23, p. 376 e s.).

Come evitare la doppia imposizione fiscale

Per riepilogare, semplificando un po’, per capire come verrà tassato il tuo reddito devi seguire i seguenti passaggi:

  1. Individuare in quale Stato sei residente (eventualmente applicando l’art. 4 del trattato, sulla residenza).
  2. Individuare lo Stato della fonte del tuo reddito.
  3. Verificare se, sulla base del trattato, lo Stato della fonte ha diritto di tassare il tuo reddito, ed eventualmente se “solo” lo Stato della fonte ha diritto di tassare il tuo reddito.
  4. Se lo Stato della fonte non ha diritto di tassare il tuo reddito, devi chiedere a questo di non applicare alcuna imposta, o richiedere un rimborso.
  5. Se lo Stato della fonte ha diritto di tassare il reddito, poi richiedere allo Stato di residenza il credito di imposta per le imposte pagate all’estero (o un’esenzione), in modo da ridurre o eliminare la doppia tassazione.

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Convenzioni per evitare le doppie imposizioni

Le convenzioni contro le doppie imposizioni concluse dall’Italia possono essere consultate al seguente link.

Questo articolo sintetizza i concetti fondamentali di fiscalità internazionale applicabili ai redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo. Si tratta di informazioni di base: non ci aspettiamo che tu abbia risolto il tuo caso.

Ci aspettiamo, invece, che tu abbia più dubbi e domande di prima. E qui arriva la buona notizia: puoi risolverli contattando i nostri esperti, specialisti della materia.

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Reddito di lavoro autonomo: l’esempio della convenzione con il Regno Unito

“I redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae dall’esercizio di una libera professione o di altre attività di carattere indipendente sono imponibili soltanto in detto Stato a meno che egli non disponga abitualmente nell’altro Stato contraente di una base fissa per l’esercizio della sua attività. Se egli dispone di tale base fissa, i redditi sono imponibili nell’altro Stato ma unicamente nella misura in cui sono attribuibili a detta base fissa” (art. 14, co.1, Trattato Italia – Regno Unito).

In questo caso solo lo Stato della residenza ha il diritto di tassare i redditi di lavoro autonomo, a meno che il professionista non disponga di una base fissa all’estero. In tale ultima circostanza sia lo Stato della residenza (R), che lo Stato della fonte (S) hanno diritto di tassare il reddito di lavoro autonomo, ma lo Stato della residenza (R) avrà l’obbligo di concedere un credito di imposta per le imposte pagate all’estero, nello Stato della fonte (S).

Reddito di lavoro dipendente: l’esempio della convenzione con il Regno Unito

“1. Salve le disposizioni degli articoli 16, 18, 19, 20 e 21 della presente Convenzione, i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di una attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato contraente. Se l’attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato.
2. Nonostante le disposizioni del paragrafo 1 del presente articolo, le remunerazioni che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di una attività dipendente svolta nell’altro Stato contraente sono imponibili soltanto nel primo Stato se:
a) il beneficiario soggiorna nell’altro Stato per un periodo o periodi che non oltrepassano in totale 183 giorni nel corso di un qualsiasi anno fiscale; e
b) le remunerazioni sono pagate da o a nome di un datore di lavoro che non è residente dell’altro Stato; e
c) l’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nell’altro Stato.” (art. 15, co. 1 e 2, Trattato Italia – Regno Unito).

Per il reddito di lavoro dipendente, vige la regola generale di tassazione esclusiva nello Stato di residenza del lavoratore (R).

A questo principio generale è associata un’eccezione, quella dell’attività lavorativa svolta nello Stato estero (S), che rende tassabile il reddito di lavoro dipendente anche nello Stato (S) nel quale l’attività lavorativa è svolta (tassazione concorrente in entrambi gli stati).

Infine, viene prevista l’eccezione all’eccezione: i lavori di breve durata. I lavori di breve durata, anche se svolti all’estero, nello Stato (S), sono assoggettati a tassazione solo nello stato della residenza (R).

I lavori di breve durata sono quelli inferiori a 183 giorni, le cui remunerazioni non siano pagate da un datore di lavoro residente nello Stato estero (S) dove viene svolto il lavoro, o da un datore di lavoro con stabile organizzazione nello Stato (S) dove viene svolto il lavoro.

Anche nel caso del reddito da lavoro dipendente, quindi, vi sono casi di tassazione esclusiva del paese della residenza (R) e casi di tassazione concorrente nello Stato di residenza (R) e nello Stato nel quale il lavoro viene svolto (S). In caso di tassazione concorrente lo Stato di residenza (R) dovrà accordare un credito per le imposte pagate all’estero nello Stato dove il lavoro viene svolto (S).

I trattati conclusi dall’Italia

Le convenzioni contro le doppie imposizioni concluse dall’Italia possono essere consultate al seguente link.