Rientro dei cervelli e lavoratori autonomi: scopri gli sgravi fiscali
Lo sapevi che puoi accedere alle agevolazioni per impatriati anche da lavoratore autonomo?
Simula la tua tassazioneIl regime del rientro dei cervelli è applicabile sia agli impatriati che percepiscono redditi da lavoro dipendente, che a quelli che lavorano in regime autonomo (p.iva). Questo ovviamente li vincola ad aprire la partita IVA al momento del rientro.
Possiamo quindi affermare innanzitutto che il principio delle agevolazioni non varia per tipologia di reddito, che sia lavoratore autonomo o partita IVA: in entrambi i casi parliamo di sgravi fiscali calcolati sul reddito imponibile e le percentuali sono le medesime tra una tipologia di reddito e l’altra.
Qui di seguito un elenco di tutto quanto potrà essere trovato all’interno dell’articolo:
Certamente! Ovviamente bisogna rispettare sempre i requisiti per le agevolazioni impatriati in generale e quindi:
Specificamente, per i lavoratori autonomi è importante ricorcare che l’ADE (Agenzia delle Entrare), tramite la circolare 33/E del 2020, ha dichiarato che beneficiano delle agevolazioni solo i redditi d’impresa generati dal soggetto che rientra nel paese.
Questo implica che non sono inclusi nell’agevolazione i redditi derivanti da società di persone commerciali e assegnati in modo trasparente direttamente a ciascun socio, in proporzione alla propria quota di partecipazione.
Hai dei dubbi su come accedere alle agevolazioni con la tua partita IVA?
Per quanti hanno trasferito la residenza anagrafica prima del 31/12/2023, questa agevolazione, nella sua versione “standard”, implicava una riduzione del 70% del reddito imponibile.
Per chiarezza, il reddito imponibile è l’importo su cui si basa il calcolo delle imposte ed è derivato dal reddito annuale lordo, dal quale vengono detratti gli oneri deducibili. Tra questi, rientrano i contributi previdenziali obbligatori e altri.
In alcuni casi la riduzione poteva anche raggiungere il 90% a seconda della regione nella quale viene spostata la residenza.
Questa normativa è stata abrogata a fine 2023, e rimane attualmente valida solo se il trasferimento della residenza anagrafica è stato precedente al 31 dicembre 2023.
Per tutti gli altri soggetti la normativa in vigore dal primo gennaio 2024 presenta un livello di sgravio fiscale al 50% del reddito imponibile (contro il 70% della precedente), un limite a 600.000€ annuo e un diverso set di requisiti necessario per poter accedere alle agevolazioni.
La nuova normativa non ha modificato la possibilità per un lavoratore autonomo di accedere alle agevolazioni.
Per approfondimenti sulla nuova normativa per impatriati del 2024, cliccare sul link.Questa misura, nonostante le modifiche che sono state apportate, evidenzia l’opportunità significativa per i lavoratori autonomi con Partita IVA di ridurre in modo sostanziale le imposte sul reddito annuo quando scelgono di rientrare in Italia attraverso il bonus del rientro dei cervelli.
L’Agenzia delle Entrate ha chiaramente dichiarato che le due configurazioni non sono possibili allo stesso tempo. Questo perchè il regime forfettario è già molto vantaggioso da un punto di vista fiscale, soprattutto se paragonato al regime ordinario ed al lavoro dipendente da un punto di vista fiscale.
Per evitare quindi che il rapporto fosse troppo sbilanciato, è stato scelto di rendere la partita iva forfettaria incompatibile con il regime impatriati, per mantenere un criterio di maggiore equità.
In questo caso, un lavoratore autonomo che vuole usufruire delle agevolazioni per impatriati dovrà necessariamente aprire una partita IVA in regime ordinario, e calcolare quale sia la maggiore convenienza tra usufruire delle agevolazioni oppure aprire una partita IVA a regime forfettario.
Questo calcolo è importante che venga effettuato da un professionista, e che all’interno della scelta intervengano anche valutazioni previsionale sul fatturato previsto negli anni successivi all’apertura. In questi casi consigliamo sempre di accedere al nostro servizio di consulenze per il rientro dei cervelli.
La risposta all’interpello n. 460/E/2022 dell’Agenzia delle Entrate chiarisce che la scelta del regime forfettario impedisce la successiva applicazione del regime dei lavoratori impatriati.
L’analisi riguarda un soggetto che chiede se sia possibile optare per il regime forfettario e successivamente passare al regime dei lavoratori impatriati nelle annualità in cui non rispetta i limiti di permanenza nel regime forfettario.
L’Agenzia delle Entrate conferma che i due regimi sono considerati alternativi, e la scelta del regime forfettario preclude la possibilità di applicare successivamente il regime impatriati.
In pratica, se il contribuente perde i requisiti di permanenza nel forfettario negli anni successivi, non può optare in quel momento per il regime impatriati.
In questo caso è purtroppo molto difficile andare a dare una risposta netta in quanto varia da diversi fattori tra i quali:
Ad ogni modo entrambi i regimi sono molto favorevoli, ma per conoscere esattamente qual è la configurazione migliore è sempre preferibile affidarsi ad un commercialista esperto in materia di impatriati.
Vuoi scoprire cosa ti conviene tra regime impatriati e partita IVA forfettaria?
Se stai considerando l’apertura di una Partita IVA ordinaria in Italia, è essenziale comprendere i passaggi coinvolti e le considerazioni specifiche per il regime ordinario e la normativa per impatriati. Questo processo può influenzare diversi aspetti della tua attività, ed è quindi importante affrontarlo con attenzione.
Se stai pensando di avviare una Ditta Individuale, i passaggi includono anche l’invio della pratica ComUnica, l’iscrizione al registro delle imprese, all’INPS e all’INAIL.
Sarà anche necessario presentare la pratica SCIA al tuo comune e acquisire servizi di firma digitale e PEC. In conclusione, questo processo richiede una valutazione attenta e, se necessario, è consigliabile consultare un professionista del settore per garantire una gestione corretta e conforme a tutte le normative vigenti.
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