Il rientro dei cervelli, dal punto di vista normativo, si riferisce agli incentivi legali per agevolare il ritorno in patria di professionisti altamente qualificati. Questa strategia è stata implementata in Italia attraverso leggi specifiche, come il Decreto Crescita del 2019, ed è appena stata rivisitata dal governo Italiano. La nuova normativa è in vigore dal primo gennaio 2024
Questa normativa prevede agevolazioni e sgravi fiscali per i cittadini italiani (ma non solo) che decidono di trasferire la propria residenza nel paese dopo un periodo di lavoro o studio all’estero.
In questo articolo andremo a trattare i seguenti argomenti:
L’obiettivo di questo tipo di normative è sempre stato quello di attirare talenti e competenze italiane migrate all’estero, i famosi expat, incoraggiando il reinvestimento delle loro conoscenze nel contesto nazionale.
In questo modo, il rientro dei cervelli diventa una componente chiave delle politiche normative volte a stimolare la crescita economica e scientifica del paese.
L’avvio delle politiche di rientro dei cervelli in Italia risale al 2003, durante il governo Berlusconi, con l’introduzione del decreto legge n. 269 del 30 settembre 2003.
Nel corso degli anni, ogni governo ha continuato a dedicare consistenti risorse economiche per facilitare il rientro di professionisti stranieri nel nostro Paese, sottolineando l’importanza di attrarre competenze internazionali per favorire l’innovazione e lo sviluppo economico.
Andiamo a vedere in ordine cronologico dal più recente a quello più remoto le ultime “versioni” della normativa impatriati che si sono susseguite.
A partire dal 1° gennaio 2024, è stato implementato un nuovo regime destinato ai lavoratori impatriati con elevate competenze.
Affinché possano usufruire delle agevolazioni, è richiesto che questi individui stabiliscano la residenza fiscale in Italia e rispettino criteri come l’assenza di residenza fiscale in Italia nei tre anni precedenti, l’impegno a risiedere nel paese per almeno quattro anni e la dimostrazione di un alto livello di qualificazione o specializzazione.
La detassazione si attua al 50% sui redditi fino a 600.000 euro annui, estendendosi per un periodo di cinque anni.
Nel caso in cui la residenza fiscale non venga mantenuta per almeno quattro anni, si verifica la decadenza dai benefici, con conseguente recupero delle agevolazioni, sanzioni e interessi.
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In questo decreto è stato stabilito che le persone che trasferiscono la loro residenza in Italia e generano redditi da lavoro dipendente o autonomo nel paese vedranno solo il 30% di tali redditi contribuire al loro reddito complessivo.
Per accedere a questa agevolazione si applicano dei requisiti, come la condizione che il lavoratore non sia stato residente in Italia nei due anni precedenti e si impegni a rimanere nel paese per almeno due anni svolgendo principalmente il suo lavoro in Italia.
Queste regole sono in vigore dal periodo fiscale in cui avviene il trasferimento della residenza in Italia e per i quattro periodi successivi. E’ possibile accedere ad ulteriori agevolazioni che si applicano per un periodo di ulteriori cinque anni se il lavoratore ha almeno un figlio minorenne o a carico, o se si acquista una prima casa in Italia.
Vi sono inoltre riduzioni percentuali ulteriori (90%) per coloro che trasferiscono la residenza in specifiche regioni prevalentemente del sud (Sardegna, Sicilia, Puglia, Basilicata, Abruzzo, Calabria, Molise) e per i cittadini italiani non iscritti all’AIRE che rientrano in Italia dopo il 2019.
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L’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, noto come “decreto Internazionalizzazione“, ha introdotto un regime fiscale agevolato per attirare in Italia lavoratori con alta qualificazione e specializzazione.
Questo regime, noto come “regime speciale per lavoratori impatriati“, prevedeva una tassazione ridotta sui redditi di lavoro dipendente, assimilati e di lavoro autonomo prodotti in Italia da chi trasferiva la propria residenza fiscale nel territorio italiano.
Il beneficio consisteva nella tassazione di solo una parte del reddito imponibile (30% o 50% a seconda delle specifiche condizioni e modifiche legislative successive), per un periodo massimo di cinque anni a partire dal trasferimento della residenza fiscale in Italia.
Il T.U.I.R., acronimo di “Testo Unico delle Imposte sui Redditi”, costituisce la normativa italiana che regola le imposte sui redditi. Approvato nel 1986, rappresenta una sintesi delle leggi fiscali italiane relative alle imposte sui redditi personali e societari.
Questo testo dettaglia le norme sul calcolo dei redditi imponibili, le detrazioni, le deduzioni, le aliquote fiscali e altri aspetti rilevanti per la tassazione dei redditi in Italia.
Il collegamento tra il TU.I.R. e le agevolazioni per gli impatriati emerge attraverso le disposizioni fiscali e gli incentivi previsti per chi decide di rientrare in Italia dopo un periodo di lavoro o studio all’estero. La normativa per il rientro dei cervelli, come nel Decreto Crescita del 2019, può introdurre modifiche specifiche al TU.I.R. per favorire il ritorno di professionisti altamente qualificati, spesso riguardanti la tassazione dei redditi per rendere più conveniente il ritorno.
Ad esempio come nel caso delle disposizioni per gli impatriati, sono state stabilite aliquote fiscali agevolate per un periodo determinato o detrazioni e sgravi fiscali speciali per chi sposta la residenza in Italia.
Di conseguenza, da un punto di vista normativo, il TU.I.R. rappresenta lo strumento attraverso il quale vengono applicati i vantaggi fiscali per incentivare il ritorno dei cervelli e sfruttare le loro competenze a livello nazionale.
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